The Right Hand of God – Vol. 1
La Destra Religiosa americana, dalla Moral Majority al Christian Nationalism
Una premessa: questo numero è lungo. Talmente lungo che ho deciso di dividerlo in due parti. Tuttavia, per mantenere una visione d’insieme sul tema, ho scelto, con una mossa forse non ortodossa né consigliabile nel mondo delle newsletter, di inviarvi la prima parte oggi e la seconda già domani. Spero di non risultare invadente nelle vostre caselle di posta: cercherò di non farlo più, promesso.

Lo so: ho già giocato la carta West Wing qualche numero fa, ma non sono certo la prima a dire che quella serie televisiva di culto, pur avendo più di due decenni sulle spalle, resta molto attuale quando si parla di politica americana. Potete chiedere a Francesco Costa cosa ne pensa, ma se frequentate i giornali e siti d’informazione statunitensi nelle sezioni politiche, state pur certi che prima o poi una citazione a West Wing salterà fuori.
È quello che è successo, ad esempio, lo scorso novembre, quando all’indomani della sua elezione a Speaker della Camera, Mike Johnson ha dichiarato: “Sono un cristiano che crede nella Bibbia. Qualcuno oggi nei media mi ha chiesto: 'La gente è curiosa: qual è il pensiero di Mike Johnson su una quantità di questioni?' Ho detto: ‘Bene, prendi una Bibbia e leggila: questa è la mia visione del mondo. Questo è ciò in cui credo’.” Per tutta risposta, un utente TikTok ha postato un estratto della serie in cui il Presidente Bartlet (peraltro un devoto cattolico) dà una lezione di teologia e Primo Emendamento a una conduttrice radiofonica appartenente alla destra religiosa: “A quanto dovrei vendere la mia figlia più giovane, come mi impone Esodo 21:7? E dovrei uccidere io stesso il mio capo di gabinetto che si ostina a lavorare di sabato?”
A vedere questa scena e altre, come quella di cui abbiamo parlato nel numero sul Primo Emendamento, si potrebbe pensare che non molto sia cambiato nei decenni nelle fila della destra religiosa americana: conservatorismo, tocchi di fondamentalismo, aborto, preghiera nelle scuole, separazione tra Stato e Chiesa: questi sono tutti temi all’ordine del giorno oggi, oggetto di sentenze della Corte Costituzionale nei soli ultimi due anni, così come lo erano venti e quarant’anni fa. Eppure.
Eppure, le cose sono cambiate molto, molte volte e sotto molti punti di vista.
THE RELIGIOUS RIGHT IS DEAD, LONG LIVE THE RELIGIOUS RIGHT
Da Eisenhower e Billy Graham alla Moral Majority, dalla Christian Coalition al Tea Party, passando per una varietà di tendenze, gruppi e correnti che nei decenni hanno vissuto momenti di maggiore o minore popolarità e influenza nella società, in particolare nel Partito Repubblicano, non si può certo dire che il fenomeno del rapporto tra gruppi religiosi cristiani, in particolare evangelici, e la politica sia un fenomeno nuovo. Il giornalista Joe Conason ha notato che la copertura giornalistica della destra religiosa evangelica è stata fin dalle origini, all’inizio degli anni Ottanta, un fenomeno ciclico e carsico: "a cycle of neglect followed by sensationalism and then more neglect". Nel 2005, il predicatore Rick Warren ha notato: “Ogni cinque anni i giornalisti americani reintroducono gli Evangelici al paese. È come ricominciare sempre da capo 'Chi sono gli Evangelici?' come se fossimo un gruppo minoritario”. Gli Evangelici, infatti, pur calando nei numeri come e in proporzioni anche maggiori delle altre confessioni, sono rimasti fino a pochi anni fa il gruppo religioso più vasto del paese (nel numero On the Road abbiamo analizzato i dati sulla composizione religiosa degli Stati Uniti).
Questo aspetto è particolarmente evidente negli ultimi anni, da quando il termine "Christian Nationalism" ha cominciato a imporsi in maniera crescente nel dibattito pubblico e politico statunitense. Niente di nuovo sotto il sole dunque? Non esattamente, perché la destra religiosa attuale è qualcosa di piuttosto diverso e nuovo e, anzi, rappresenterebbe per molti osservatori, insieme alla stessa vittoria di Trump nel 2016, il segno della morte della religious right per come l’abbiamo conosciuta per quattro decenni.
Il Christian Nationalism sembra aver rotto il ‘news cycle’ cui si faceva riferimento. Non si è tornati a parlarne solo in vista delle elezioni, ma è diventato un tema centrale negli ultimi anni. Scorrendo le pagine dei quotidiani, riviste e siti d’informazione statunitensi, è evidente come sia diventato un argomento di grande rilevanza, con un punto di svolta fondamentale il 6 gennaio 2021. Tuttavia, le sue origini risalgono a più indietro nel tempo.
La storica Frances Fitzgerald chiude il suo acclamato volume "The Evangelicals", pubblicato nel 2017, notando come la seconda vittoria di Obama e soprattutto l’introduzione a livello federale del matrimonio egalitario abbiano provocato una frattura all’interno di quello che era stato per decenni un movimento diversificato ma unitario: la componente politica del movimento evangelico, storicamente espressa nella destra Cristiana. Quando Fitzgerald scriveva, il movimento evangelico si era diviso, in termini di orientamenti politici, in due. Una componente più progressista, impegnata nella lotta alla povertà, al riscaldamento globale e aperta a riflessioni sui diritti degli omosessuali, sull’aborto e altre questioni etiche; e una componente più conservatrice, ritrovatasi spaesata di fronte a un paese in rapido mutamento e una base in rapida diminuzione. Ancora composta in larga parte dalla generazione che aveva reagito alla rivoluzione sociale dei lunghi anni Sessanta diventando più conservatrice, la destra religiosa di stampo evangelico manteneva un potere considerevole negli stati del sud, ma non aveva leader nazionali. Il Partito Repubblicano aveva assorbito le sue questioni al punto che i giornalisti in cerca di portavoce trovavano soprattutto politici eletti, la maggior parte dei quali erano anche membri del Tea Party. In altre parole, la destra cristiana non era più un movimento, ma una fazione all’interno del Partito Repubblicano. Era il 2016 e una variabile imprevedibile stava per apparire: Donald Trump.
IL BACKGROUND
Alcuni dei principali ideali e principi su cui si fondano la destra religiosa e il Christian Nationalism sono in realtà basati su inesattezze e distorsioni. L'idea che l'America sia una nazione cristiana perché i suoi fondatori e la costituzione lo avrebbero voluto è una falsità storica. Espressioni come "In God we trust" e "One nation under God" sono state introdotte solo in tempi relativamente recenti, negli anni Cinquanta e Sessanta, e non riflettono un'intenzione originaria dei padri fondatori. Anche le battaglie etico-morali, come quella sull'aborto, si sono affermate solo in periodi più recenti.
Comprendere la destra religiosa significa in larga parte comprendere la nascita, lo sviluppo e la trasformazione delle varie denominazioni che rientrano sotto l'etichetta di Evangelici. È necessario comprendere due aspetti fondamentali dell'affermazione di questa area nella società e nella politica americane. Da una parte, c'è l'affermarsi della componente politica, composta da associazioni, movimenti e leader che, sebbene impegnati a livelli diversi nell’attività esplicitamente politica, hanno nondimeno influenzato notevolmente il Partito Repubblicano, con cui sono strettamente associati. Dall'altra parte, è importante comprendere la base di tali movimenti: la religious right, dagli anni Settanta in poi, ha ottenuto forza politica non solo grazie all'organizzazione e al finanziamento, ma anche perché ha potuto contare su una base di popolazione di fede evangelica o vicina a essa, capace di mobilitarsi.
Sotto entrambi i punti di vista, la spinta decisiva per l'affermazione della destra religiosa è avvenuta, come notato da Robert Putnam e David Campbell, in reazione alle trasformazioni culturali e sociali di stampo progressista degli anni Sessanta, un fenomeno definito come "Shock e Aftershock" dai due politologi. Ma le radici sono chiaramente antecedenti.
Temi diventati centrali per la destra religiosa, come l'aborto, vennero di fatto scelti come manifesto del movimento e non, viceversa, fu il movimento a nascere su una questione divenuta a un tratto cruciale. Meglio, come spiegano Putnam e Campbell, durante il primo aftershock, gli Evangelici aumentarono mentre altri gruppi religiosi diminuirono. Gli Evangelici si distinguevano principalmente per le loro opinioni sulla moralità sessuale (soprattutto il sesso prematrimoniale), insieme al tema della separazione Chiesa-Stato e alla preghiera scolastica. Importanti anche erano il tema dell'omosessualità, il femminismo, l'aborto e la pornografia. Molti Americani erano profondamente preoccupati per questi temi e molti finirono tra i banchi evangelici negli anni '70 e '80. Leader come Jerry Falwell e Pat Robertson, figure sia religiose che politiche, hanno sfruttato questa nuova combinazione di conservatorismo religioso, morale e politico per dare vita alla Religious Right. Questi leader hanno reagito all'"aftershock" con strategie altamente efficaci, contribuendo a un allineamento sempre maggiore tra religiosità e conservatorismo politico.
Se dunque la destra cristiana nasce come reazione agli stravolgimenti sociali e culturali degli anni Sessanta e rappresenta un ritorno a ideali tradizionali e conservatori, non è casuale che questo ritorno abbia coinvolto specificamente il movimento evangelico.
GLI EVANGELICI
Secondo Fitzgerald, comprendere la destra cristiana è impossibile senza riconoscere che molte delle sue convinzioni religiose hanno radici nel XIX secolo, conservate quasi intatte da quelli che per buona parte della prima metà del Novecento venivano chiamati Fondamentalisti. Come abbiamo già esaminato nel numero On the Road, gli Evangelici, così come li conosciamo oggi, nascono da uno scisma interno al mondo Protestante, che ha preso forma tra Otto e Novecento e si è consumato negli anni Venti.
Per gli Evangelici conservatori, la religione permea ogni aspetto della vita e viene vista attraverso le lenti bibliche. Credono nella Bibbia come la rivelazione di Dio all'umanità e sono inclini a interpretarla in modo letterale. Questo si riflette, ad esempio, nella loro interpretazione del primo capitolo della Genesi, che afferma che gli esseri umani sono esistiti nella loro forma attuale fin dall'inizio dei tempi. A causa della loro interpretazione letterale della Bibbia, gli Evangelici pongono un'enfasi particolare sulla conversione, sul "nascere di nuovo" (born again), inteso come un cambiamento radicale lontano dal peccato verso la salvezza, spesso accompagnato da un'esperienza emotiva e drammatica.
Gli Evangelici credono che la conversione delle persone al Cristianesimo evangelico possa risolvere tutti i mali sociali, quindi l'evangelizzazione è un impegno importante per loro (anche se per lo più indiretto e non individuale come avviene tra i Mormoni).
Per quasi tutto il XIX secolo, il termine "evangelico" identificava pressoché tutti i Protestanti americani. La specifica forma di Protestantesimo praticata era emersa dalle due ondate di Risveglio Spirituale realizzatesi tra Sette e Ottocento, basate sulla conversione individuale, sull'incontro con lo Spirito Santo e sulla predicazione della Bibbia in modo semplice e diretto. Gli Evangelici lasciarono un'impronta profonda nella fiorente società americana dell’Ottocento: l'individualismo e l'idea di poter cambiare da soli la propria vita erano principi più vicini agli evangelici di qualsiasi altro gruppo.
Se inizialmente si verificò una frattura sul tema della schiavitù tra Evangelici del nord e del sud, ben presto le trasformazioni sociali, scientifiche e culturali crearono divisioni anche al nord, tra liberali o modernisti e conservatori e fondamentalisti. La frattura si completò dopo la Prima Guerra Mondiale e in particolare con lo Scopes Trial, il processo che si tenne nel luglio del 1925 in Tennessee nei confronti di John T. Scopes, insegnante accusato di aver insegnato l’evoluzionismo in una scuola pubblica, cosa all’epoca vietata.
Il processo attrasse immensa eco mediatica perché di fatto rappresentò simbolicamente lo scontro tra modernisti, aperti alla compatibilità tra pensiero teologico e darwinismo, e i fondamentalisti. Questi ultimi, sebbene abbiano vinto il processo (Scopes fu condannato a un’ammenda, anche se la sentenza venne annullata per un tecnicismo), persero culturalmente all'interno del mondo protestante, furono costretti a lasciare le loro congregazioni e cominciarono a predicare, in particolar modo in forma itinerante, con revival in grandi tende e alla radio.
Tra questi c’era anche Billy Graham, che raccolse subito grande successo, scalando rapidamente la scala del prestigio ed entrando direttamente alla Casa Bianca prima con Eisenhower e quindi con Nixon (pur rimanendo per tutta la vita un Democratico registrato). Fu Graham, con l’intento di recuperare Protestanti moderati dalle file di quelle che erano divenute le correnti Mainline dopo la rottura, che recuperò il termine "Evangelico" (al posto di Fondamentalista) per indicare un Protestante conservatore born again, che fosse andato incontro a una riconversione e rinascita nella fede. I Fondamentalisti rimasero una piccola corrente interna agli Evangelici.

Negli anni Sessanta, la fede evangelica conobbe una grande affermazione, soprattutto con la diffusione del Pentecostalismo, una corrente carismatica nata agli inizi del Novecento, su cui torneremo nella seconda parte. Inoltre, si assistette alla riemersione del Sud Bianco (e evangelico) nella vita pubblica e politica nazionale per la prima volta dai tempi della Guerra Civile, soprattutto con il ruolo sempre più importante di quella destinata a diventare la maggior congregazione evangelica del Paese, la Southern Baptist Convention.
All’alba degli anni Settanta, dopo aver visto il primo Presidente Cattolico, la sentenza Brown v. Board of Education (1954) che pose fine alla segregazione nelle scuole e Roe v. Wade (1973) che federalizzò il diritto all’aborto, il mondo evangelico si presentava come relativamente moderato.
Verso la metà degli anni Settanta, quando gli Evangelici acquisirono una vera forza e crebbero numericamente a livello sociale, ciò non fu inizialmente legato a una crescita del conservatorismo politico e del Partito Repubblicano. Il 1976 venne definito all’epoca come il "Year of Evangelicals", come riportava una famosa copertina della rivista Newsweek, e proprio in quell'anno si assistette all'elezione del "Primo Presidente Evangelico" (almeno nel significato moderno del termine). E quel Presidente era un Democratico.
Nel pieno della campagna per le primarie democratiche della Carolina del Nord nel 1976, la dichiarazione di Jimmy Carter di essere un "born again Christian" fece scalpore e attirò l’attenzione. Tuttavia, i leader Evangelici non saltarono subito sul carro dell’ex governatore della Georgia, e Carter vinse quelle elezioni per un soffio (50,1%), conquistando gli Stati del sud, ma non il voto Bianco evangelico, almeno non in massa. Cionondimeno, la sua figura aiutò a diffondere una certa immagine degli Evangelici non come frange fondamentaliste, poco educate e radicate nel sud, ma come una sezione della popolazione in ascesa e variegata.
Fin dalla fine dello Scopes Trial, gli stessi Evangelici, come ricorda lo storico Randall Balmer, si consideravano culturalmente marginali. Quando Carter, Battista del sud, insegnante alle scuole domenicali, si dichiarò born again, ciò risuonò nelle orecchie di molti Evangelici e della società nel suo insieme. Ma se l’ascesa politica di Carter rappresenta una delle più importanti e interessanti vicende nella storia della politica americana, il rapido rivolgersi contro Carter degli stessi Evangelici che lo avevano sostenuto nel 1976 rappresenta uno dei paradossi più sorprendenti. Furono infatti gli anni della presidenza Carter a vedere la nascita e l’affermarsi degli Evangelici conservatori come formidabile blocco elettorale: la Religious Right che alla successiva tornata elettorale si mobilitò per sconfiggerlo.
LA NASCITA DELLA DESTRA RELIGIOSA: FOLLOW THE MONEY
Nel Sud, il peso delle correnti più conservatrici e separatiste/fondamentaliste crebbe in modo esponenziale. All’interno della Southern Baptist Convention, le leadership radicali presero il sopravvento su quelle più moderate; persino Billy Graham perse rilevanza mentre emersero nuove figure, tra cui Jerry Falwell, il pastore, televangelista e fondatore della Moral Majority. Questo gruppo di lobby cristiano conservatore si rivelò cruciale nel successo di Ronald Reagan e cambiò definitivamente il corso dell’impegno politico evangelico, nonché in misura significativa del Partito Repubblicano e della politica americana nel suo complesso.
Come scrive Fitzgerald, Jerry Falwell intercettò il malcontento della base nei confronti delle trasformazioni culturali degli anni Sessanta, opponendosi a ogni aspetto, dall'educazione sessuale all'omosessualità, alla desegregazione nelle scuole cristiane. Esprimeva anche il sentimento diffuso nel Sud secondo cui Washington stava invadendo i diritti degli stati e criticava Jimmy Carter per la sua debolezza nella difesa nazionale e per il deterioramento dell'economia. Basandosi su queste premesse, Falwell impostò la sua attività sostenendo che i Cristiani conservatori avevano l’obbligo morale di entrare in politica per evitare la distruzione della nazione. Con alcune modifiche, la destra cristiana ha continuato a utilizzare questa stessa retorica fino ad oggi.
Il successo di Jerry Falwell e della Destra Cristiana non fu immediato né scontato, ma piuttosto frutto di una strategia astuta e ben costruita. La chiave di volta non fu la sentenza Roe v. Wade del 1973, ma qualcosa di più complesso e radicato nel tempo. Sebbene oggi gli Evangelici costituiscano la spina dorsale del movimento pro-vita, all'inizio degli anni '70, Evangelici e "Fondamentalisti" consideravano ancora l'opposizione al controllo delle nascite e all’aborto come una "questione cattolica" e ne mantenevano le distanze.
Nel 1968, ricorda ad esempio Balmer, un simposio sponsorizzato dalla Christian Medical Society e da Christianity Today, la rivista fondata nel 1956 da Billy Graham, si rifiutò di definire l’aborto come un peccato, citando "la salute individuale, il benessere della famiglia e la responsabilità sociale" come giustificazioni per interrompere una gravidanza. Nel 1971, i delegati alla Southern Baptist Convention approvarono una risoluzione che incoraggiava "i battisti del Sud a lavorare per una legislazione che consenta la possibilità di aborto in condizioni quali stupro, incesto, evidenti segni di grave deformità fetale e prove attentamente accertate della probabilità di danni alla salute emotiva, mentale e fisica della madre". La convenzione riaffermò quella posizione nel 1974, un anno dopo Roe v. Wade, e di nuovo nel 1976. All’indomani della sentenza Roe v. Wade, la maggior parte del mondo evangelico reagì dunque con silenzio o addirittura con approvazione. Per i Battisti, in particolare, la decisione era da applaudire in quanto espressione della separazione tra Chiesa e Stato e della distinzione tra moralità personale e regolamentazione statale del comportamento individuale.
Fu solo nel 1979 (sei anni dopo Roe v. Wade) che Jerry Falwell lanciò la sua campagna contro l’aborto, facendone il fulcro dell’attività politica evangelica, della nascente Moral Majority e, in maniera crescente, del Partito Repubblicano. Ma perché?
Perché non è alla sentenza costituzionale del 1973 che bisogna guardare, bensì a una serie di altre sentenze emesse nel corso di quegli stessi anni, l’ultima nel giugno 1976, riguardanti la desegregazione scolastica. La sentenza Brown v. Board del 1954 fu un duro colpo per il Sud Bianco Evangelico conservatore e rappresentò, secondo molti osservatori, il vero momento da cui emerse successivamente la destra religiosa, intercettando allo stesso tempo quel sentimento sociale e culturale di rifiuto del progresso sociale degli anni Sessanta. Gli ambienti cristiani conservatori continuarono, per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, a osteggiare l’apertura delle scuole alla desegregazione e a praticare la segregazione negli istituti d’istruzione privati. Le sentenze degli anni Settanta, culminate con Runyon v. McCrary del 1976, stabilirono che anche le scuole private che negavano l'ammissione agli studenti sulla base della razza violavano le leggi federali sui diritti civili e, così facendo, avrebbero perso le esenzioni fiscali.
Per quanto i leader della destra religiosa si opponessero a queste decisioni, Falwell e gli altri si resero conto che mobilitare l’opinione pubblica a livello politico per difendere la segregazione era qualcosa che, all’alba degli anni Ottanta, non avrebbe funzionato. Tastando il terreno, iniziarono a impegnarsi in difesa della preghiera a scuola (vietata negli stessi anni), contro il movimento femminista, il movimento per i diritti degli omosessuali e il Comunismo. Alla fine, si unirono nella lotta contro l’aborto, facendone un vero e proprio mito fondativo, come lo definisce Balmer.
Le elezioni di Midterm del 1978 furono il banco di prova per verificare se l'aborto fosse in grado di mobilitare l’elettorato conservatore e spingere gli Evangelici, che avevano sostenuto Carter, verso un cambiamento di direzione. Nonostante Carter avesse una storia di sostegno alle politiche pro-vita, la sua riluttanza a promuovere un emendamento costituzionale sull'aborto alienò gli Evangelici politicamente conservatori. Durante la successiva campagna presidenziale, Reagan, a differenza di Carter, accettò l'invito a parlare a 10.000 Cristiani Evangelici, tra cui 2.500 pastori a Dallas. Reagan dichiarò: "So che questo gruppo non può appoggiarmi, ma voglio che sappiate che io appoggio voi e ciò che state facendo". La vittoria di Reagan segnò l’inizio di una nuova era nelle relazioni tra stato e religione negli Stati Uniti. Jerry Falwell si vantò del ruolo della destra religiosa nell'elezione, citando un sondaggio che suggeriva che il margine di vittoria di Carter sarebbe stato maggiore senza il loro intervento. I conservatori, in generale, e la destra cristiana, in particolare, trovarono un potente alleato alla Casa Bianca. La presidenza Reagan cementò definitivamente l’alleanza tra la destra cristiana e il Partito Repubblicano.
TURN OF THE CENTURY. DAGLI ANNI DI CLINTON AL TEA PARTY
L’impatto e il successo politico della destra religiosa hanno vissuto fasi alterne nei quattro decenni successivi, ma il riconoscimento come attore politico rilevante all’interno del Partito Repubblicano è rimasto un fatto innegabile. Dopo che Jerry Falwell chiuse definitivamente l’esperienza della Moral Majority alla fine degli anni Ottanta, Pat Robertson gli succedette. Robertson, fondatore di un impero mediatico cristiano conservatore e della Christian Coalition, impegnò la destra religiosa negli anni di Clinton in nuove o rinnovate battaglie, come i voucher scuola, l’intelligent design e il Defense of Marriage Act. Quest'ultimo, approvato nel settembre 1996 dal Congresso a maggioranza repubblicana, vietava il riconoscimento federale del matrimonio tra persone dello stesso sesso, limitando la definizione di matrimonio all’unione di un uomo e una donna. Il riconoscimento, vent’anni più tardi, del matrimonio egalitario avrebbe portato un colpo forse fatale alla destra religiosa e spaccato il fronte politico evangelico.
La Christian Coalition rese la destra religiosa non solo indispensabile per il Partito Repubblicano, ma parte integrante di esso. Questo attrasse un ulteriore elettorato evangelico, che arrivò a sostenere il Partito Repubblicano con una percentuale del 75%. Anche se la Coalition perse rilevanza dopo il mancato impeachment di Clinton, che aveva fortemente sostenuto, l’elezione di un altro born again, questa volta decisamente repubblicano, diede nuovo slancio al movimento.
George W. Bush si fece portavoce della religious right e difensore dei suoi interessi, sostenendo i finanziamenti federali per enti di beneficenza religiosi e opponendosi ai finanziamenti per la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Promosse una "cultura della vita" contro l'eutanasia e l'aborto, firmando un divieto di aborto con nascita parziale nel 2003 e sostenendo un emendamento costituzionale contro il matrimonio gay dopo che il Massachusetts lo legalizzò nel 2003. Ma per alcuni Evangelici Bush si era spinto troppo in là: la comunità era ormai sull’orlo della frattura, soprattutto con l'emergere dei cosiddetti New Evangelicals, determinati a impegnarsi su temi come la giustizia sociale e il cambiamento climatico.
L'ultima rinascita della destra religiosa assunse già forme diverse da quelle tradizionali: dopo l'elezione di Obama, l'approvazione dell'Obamacare e la crisi economica drammatica, emerse il Tea Party, un movimento conservatore e libertario finanziato da multimilionari come i fratelli Koch. Caratterizzato da posizioni aggressive in campo economico e una retorica infuocata, ciò che rimaneva della religious right finì per associarvisi e fondersi.
Il Tea Party segnò un momento di frattura all'interno del Partito Repubblicano, incarnando le crescenti insoddisfazioni delle frange della destra religiosa nei confronti di un partito che percepivano come debitore nei confronti loro. Questo movimento inaugurò un'era di ribellione contro l'establishment politico e in senso populista. Il punto di svolta arrivò nel 2015 con la sentenza sulla legalizzazione del matrimonio egalitario, catalizzatore per l'ascesa di Trump. Il sostegno degli Evangelici a Trump durante la campagna presidenziale del 2016 fu motivato dalla volontà di riprendere potere e influenza politica nella Casa Bianca, inclusa la possibilità di influenzare la nomina di giudici favorevoli a ribaltare la sentenza Roe v. Wade, promessa che Trump cominciò a sciorinare ripetutamente.
Generazioni di Evangelici, sia tra gli elettori che nelle posizioni di leadership, avevano dato fiducia—e voti—al Partito Repubblicano, ottenendo in cambio, dal loro punto di vista, ben poco. Ciò che avevano portato a casa, invece, era la sconfitta sul piano della culture war, come notava già nel Marzo 2016 Politico, commentando quello che stava emergendo dalla primarie repubblicane come un dato inaspettato: il sostegno dell’elettorato evangelico a un uomo che faceva teoricamente alzare più di qualche sopracciglio. Ma il sentimento antisistema si era ormai saldato a questo senso di sconfitte culturali e sociali, dopo tre decenni in cui importanti movimenti e leader forti avevano promesso mari e monti.
Questo segnò un cambio di rotta significativo: nel 2016, l'81% degli Evangelici Bianchi votò per Trump, stabilendo un record superiore persino a quanti avevano votato per Bush, che pure, a differenza di Trump, era un Evangelico Bianco. Nel frattempo, una componente razzista, che come abbiamo visto aveva svolto un ruolo cruciale nella nascita della destra religiosa, è riemersa con forza: molte componenti di quello che ormai viene definito e spesso si autodefinisce Christian Nationalism sono caratterizzate da esplicite posizioni ostili verso le minoranze e gli immigrati.
Qualche Link alle Fonti
Il libro The Evangelicals. The Struggle to Shape America della storica Frances FitzGerald.
Un articolo dello storico Randall Balmer sulle radici del mito fondativo dell’aborto per la Relgious Right.
Il libro di Putnam e Campbell American Grace
Due articoli di The Conversation su Jerry Falwell e su Pat Robertson. E uno del New York Times sugli Evangelici e la politica.
Save the Date
Ci vediamo domani con la seconda parte della storia della destra religiosa americana. Vedremo gli sviluppi contemporanei e capiremo di cosa parliamo quando parliamo di Christian Nationalism.