In cui trovate un Presidente della House of Representatives vicino al Nazionalismo Cristiano, un Induista candidato alla Presidenza e degli atei più propensi degli evangelici a finanziare una campagna elettorale.
Perché la religione (e la sua assenza) è anzitutto un fenomeno culturale e sociale e come tale si intreccia strettamente con la vita di tutti i giorni e con le altre sfere della vita pubblica, politica inclusa. E gli Stati Uniti, con la loro storia di tolleranza ed estremismi, di Wall of Separation e Religione Civile non fanno eccezione.
Tre fermoimmagine.
Il 25 ottobre scorso, dopo un tumultuoso processo di selezione seguito alla sfiducia del suo speaker, la Camera dei Rappresentanti americana ha infine eletto il suo nuovo Presidente, Mike Johnson, deputato Repubblicano della Louisiana al quarto mandato, in carica dal 2017 e senza particolari esperienze in Campidoglio. Noto per le sue posizioni ultra-conservatrici e il suo forte sostegno a Donald Trump, Johnson è anche un fervente Cristiano Evangelico e con sua moglie conduce un podcast chiamato "Truth be Told", in cui analizzano varie questioni in una prospettiva strettamente religiosa. Per il New York Times “Il nuovo presidente della Camera ha posto la sua fede al centro della sua carriera politica e si è allineato con una nuova generazione di cristianesimo conservatore che alcuni descrivono come nazionalismo cristiano”.
Negli ultimi mesi su alcuni dei principali giornali e siti di informazione statunitense si potevano leggere titoli di questo genere: Il più grande e rapido cambiamento religioso in America è già in corso (New York Times, 21 giugno); Il panorama religioso sta subendo un cambiamento massiccio. Potrebbe decidere le elezioni del 2024 (POLITICO, 14 maggio); La ragione fraintesa per cui milioni di americani hanno smesso di andare in chiesa (The Atlantic, 29 Luglio). Basandosi su studi diversi, questi e altri articoli riflettevano sui rapidi cambiamenti nel panorama religioso degli Stati Uniti e la crescita dei cosiddetti Nones: coloro che non sono affiliati a nessuna chiesa o religione istituzionale, tra cui atei e agnostici, ma non solo.
Durante il primo dibattito tra i candidati alle primarie del Partito Repubblicano tenutosi il 23 agosto a Milwaukee, uno dei passaggi più accesi ha coinvolto il più outsider tra i candidati, il trentottenne imprenditore Vivek Ramaswamy, e l’ex vice-Presidente Mike Pence (che nel frattempo si è ritirato dalla corsa). Ramaswamy aveva lanciato solo pochi giorni prima un decalogo di "Verità" che avrebbero guidato la sua campagna elettorale, la prima delle quali affermava: God is Real. Durante il dibattito, Ramaswamy, che, nota non di poco conto, è di fede induista, ha più volte insistito sul fatto che l’America stia attraversando un "momento oscuro" e una profonda crisi di identità nazionale, e che le persone cerchino disperatamente “purpose and meaning”, uno scopo e un significato. Pence ha ribattuto affermando “Americans are faith-filled, God-believing people”, gli Americani sono le persone più piene di fede, amanti della libertà, idealiste e laboriose che il mondo abbia mai conosciuto.
Probabilmente ve ne siete accorti. Le presidenziali americane del prossimo Novembre 2024 sono già iniziate. Le elezioni che sanciranno chi guiderà gli Stati Uniti per quattro anni a partire dal 20 Gennaio 2025 hanno già cominciato a muovere i loro ingranaggi anche dal punto di vista formale. Se infatti molti danno per scontato che quella del prossimo anno sarà una campagna elettorale fotocopia della precedente, con a fronteggiarsi ancora una volta Joe Biden e Donald Trump, la strada verso il 5 Novembre 2024 è ancora lunga. A partire dal 15 Gennaio prossimo con i caucus in Iowa, prenderanno ufficialmente il via le primarie del Partito Repubblicano. I candidati hanno cominciato da mesi a confrontarsi in dibattiti pubblici (tranne Trump che ha deciso di non parteciparvi) e ad attraversare gli Stati Uniti palmo a palmo, proprio a partire dall’Iowa e la sua famosa State Fair in Agosto, per convincere gli elettori repubblicani a sceglierli.
E proprio in Iowa la wild card di queste primarie, Vivek Ramaswamy, che della fede ha fatto uno dei suoi baluardi, ma è pur sempre induista, si è dovuto confrontare con uno stato in cui il sostegno dell’elettorato di fede evangelica è sempre stato cruciale per i candidati repubblicani. Intervistato presso l’Iowa State Capitol dove si era recato per supportare l’approvazione da parte del governo statale di una legislazione particolarmente restrittiva contro l’aborto, Ramaswamy ha dichiarato “Sono una persona di fede, come lo sono i cristiani evangelici in tutto lo stato. Ciò che abbiamo in comune è la necessità di difendere la libertà religiosa, di difendere la fede e il patriottismo e di affermare senza remore che siamo un’unica nazione sotto Dio”. Nonostante non pochi si chiedano a quale Dio Ramaswamy faccia riferimento, altri apprezzano il suo spirito. Un elettore repubblicano dell’Iowa intervistato da NBC News in quell’occasione ha espresso ammirazione per le posizioni di Ramaswamy e per il suo essere apertamente religioso, a prescindere dalla confessione da lui abbracciata “La fede personale è una questione personale. Il fatto di avere fede in qualcosa di più potente dice molto di una persona”.
Si tratta probabilmente di un sentimento minoritario, almeno nel caso specifico, ma l’attitudine generale che sottostà a quanto espresso da questo elettore è la rappresentazione plastica di quello che viene chiamato God Gap: la differenza nelle abitudini di voto tra coloro che si riconoscono in una religione istituzionale e sono praticanti e coloro che sono meno o per nulla osservanti o affiliati. Banalmente: chi è più religioso, a prescindere che sia Protestante, Evangelico o Cattolico, tende a votare Repubblicano, chi è meno o per nulla religioso, tende a votare Democratico. Si tratta di un’approssimazione, chiaramente, con anche importanti eccezioni.
Il modo in cui l’appartenenza religiosa influenza o si relaziona con l’appartenenza politica o la tendenza a riconoscersi in uno schieramento è sempre stato un elemento centrale nel panorama politico e religioso degli Stati Uniti, ma le dinamiche e le variabili che regolano tale rapporto sono cambiate nel tempo. Il noto politologo Robert D. Putnam in uno studio condotto qualche anno fa con David E. Campbell ha indagato tali dinamiche, evidenziando come negli ultimi decenni un miglior indicatore della scelta di voto sia la religiosità, non l'affiliazione religiosa. Alla metà del Novecento, notano i due studiosi, si poteva trovare una correlazione tra tipo di affiliazione (cattolici, protestanti, ecc) e orientamento politico, ma religiosità e appartenenza politica erano poco correlate ed era molto più frequente di oggi trovare liberal e progressisti tra coloro che professavano una fede religiosa e non credenti tra i conservatori. Alla fine del secolo, entrambe queste evenienze erano diventate rare e con la crescente polarizzazione sociale e culturale del paese le divisioni politiche e religiose hanno preso in maniera crescente a rinforzarsi reciprocamente.
Sebbene, secondo questo modello, il trend degli ultimi decenni sia stato caratterizzato da uno spostamento della popolazione verso i due poli opposti, non dobbiamo immaginare che ciò implichi che la società americana sia ora composta esclusivamente da estremisti religiosi e da atei. Al contrario, il panorama è quanto mai variegato e la polarizzazione è accompagnata da un crescente pluralismo, caratterizzato da una vasta gamma di tipi di affiliazione e posizioni sfumate. È però vero che, come alcune indagini statistiche recenti hanno rilevato, nell’ultimo decennio la percentuale di americani che si identificano con la religione è diminuita del 11%. Circa il 15% degli adulti americani (circa 40 milioni di persone) ha smesso di frequentare un luogo di culto. In un’indagine condotta per il Wall Street Journal dall'Università di Chicago nel 2023, il 39% dei partecipanti ha dichiarato che la religione è molto importante, rispetto al 62% del 1998. Tuttavia, il 60% dei partecipanti ha affermato che la religione è molto o in qualche misura importante, mentre il 19% ha dichiarato che la religione non era per niente importante. Gli Stati Uniti rimangono un paese più religiosamente osservante rispetto alle nazioni dell'Europa occidentale. Secondo un’indagine del 2018 del Pew Research Center, gli Americani sono più propensi a credere in Dio o in qualche forma di potere superiore e più propensi a pregare quotidianamente. Lo stesso Pew prevede, comunque, che coloro che si definiscono religiosi o sono affiliati continueranno a diminuire, con coloro che si riconoscono in una chiesa cristiana che scenderanno sotto il 50% entro il 2070.
Un numero crescente di osservatori concorda sul fatto che queste dinamiche potrebbero svolgere un ruolo significativo nella prossima campagna elettorale e nelle prossime elezioni presidenziali, e ciò per diverse ragioni. I cambiamenti nelle appartenenze religiose e nei livelli di religiosità in specifiche aree geografiche influiscono sugli equilibri elettorali, i quali, come sappiamo, sono fortemente legati ai contesti territoriali. I cambiamenti nell'affiliazione religiosa in stati chiave potrebbero avere un impatto sui risultati delle elezioni. Come notato su POLITICO da Ryan Burge, Professore di Scienze Politiche all’Eastern Illinois University, la domanda cruciale per la mappa elettorale del 2024 sarà dove vivono e votano gli americani religiosi. Incrociando i dati dello US Religious Census del 2020 con quelli delle più recenti tornate elettorali, si nota che i democratici stanno guadagnando terreno nelle aree in cui la religione sta diminuendo, mentre i repubblicani stanno aumentando la loro quota di voti nei luoghi in cui le chiese stanno guadagnando nuovi membri. Tuttavia, si tratta di cambiamenti complessi.
Inoltre, per quanto minoritari, alcuni gruppi possono svolgere ruoli di pressione molto importanti. Questo è in maniera crescente vero per quello che molti osservatori chiamano Christian Nationalism, una corrente politica legata al Partito Repubblicano che come abbiamo visto ha svolto un ruolo cruciale nell’elezione di un suo rappresentante a terza carica dello stato e in cui la metà degli elettori repubblicani, secondo una recente indagine, si riconosce con gradi diversi di sostegno. E sebbene in numeri e forme diverse, anche la crescita dei non affiliati ha o può avere, sul piano culturale e sociale, un ruolo importante. Un sondaggio del 2018 ha rilevato come gli atei siano il gruppo “religioso” più attivo dal punto di vista politico negli Stati Uniti e siano due volte più propensi a donare denaro o impegnarsi a sostegno di un candidato rispetto a un gruppo come quello degli evangelici normalmente ritenuto particolarmente attivo.
Con The God Gap cercheremo insieme di esplorare questi temi che, seppur possano sembrare lontani e specialistici, hanno in realtà ricadute importanti sulla politica, la cultura e la società di un paese come gli Stati Uniti cui, comunque la si pensi, siamo profondamente legati. Lo faremo partendo sempre dall’attualità e spaziando in vari territori: insomma, saremo seri ma non seriosi.
Perché forse non siamo alle porte di una guerra civile religiosa come alcuni commentatori, anche provocatoriamente, osservano, ma sicuramente ci troviamo di fronte a una società in grande cambiamento e questi cambiamenti hanno il potenziale di trasformare profondamente gli Stati Uniti.
Qualche link alle fonti.
Qui potete leggere il profilo di Mike Johnson sul New York Times.
Trovate invece gli articoli citati circa il cambiamento del panorama religioso sul NYT, su Politico e sul The Atlantic.
Ci torneremo, ma potete trovate online anche le indagini da cui sono tratti i dati citati sull’appartenenza religiosa. US Religious Census, Pew Research Center 2018 e 2022, Wall Street Journal/Università di Chicago.
Qui un profilo di Ramaswamy su Time Magazine.
Questo è il libro di Putnam e Campbell che cito. È un link affiliato, se acquistate il libro da li mi offrite un (sorso di) caffè.
Save the Date
Ci sentiamo Sabato 2 Dicembre. Nelle prossime due puntate cercheremo di comprendere meglio la mappa politico-religiosa degli States e le sue trasformazioni. Ma lo faremo tenendo sempre d’occhio l’attualità e anche la cultura pop.
E intanto negli Stati Uniti…
L’8 Novembre si terrà a Miami il terzo dibattito Repubblicano.