Chi ha paura di Bafometto?
Il Satanic Temple, l'ultimo baluardo della libertà religiosa (?)
Nel dicembre 2023, all’interno del Campidoglio dello Stato dell’Iowa, accanto all’albero di Natale e ad altre decorazioni religiose, era stato collocato anche un piccolo altare raffigurante Baphomet, la divinità cornuta simbolo del Satanic Temple. Pochi giorni dopo, la statua è stata distrutta da un ex candidato al parlamento statale del Mississippi, cristiano conservatore, che ha rivendicato il gesto come atto di obbedienza religiosa. Quando, in vista delle festività del 2024, l’organizzazione ha richiesto nuovamente l’autorizzazione per un’esposizione e un evento nello stesso spazio, la domanda è stata respinta. Il governatore dell’Iowa ha motivato il rifiuto con la necessità di tutelare i minori da contenuti “potenzialmente dannosi”.
Negli scorsi giorni, il Satanic Temple ha presentato una denuncia per discriminazione religiosa contro le autorità statali.
Un episodio all’apparenza marginale, che tuttavia porta con sé interrogativi centrali nel contesto statunitense: chi ha diritto di rappresentarsi nello spazio religioso pubblico? La libertà religiosa è davvero garantita a tutte le confessioni, o solo a quelle culturalmente legittimate? Quali credenze sono considerate “accettabili”? E, più radicalmente: che cos’è una religione?
Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: a dispetto del nome e dell’iconografia, il Satanic Temple non è un gruppo di adoratori del demonio. Pur definendosi satanista, non crede nel diavolo: adotta la figura di Satana come simbolo di libertà individuale, razionalismo e resistenza all’autorità dogmatica.
Fondato nel 2013 a Salem (Massachusetts), il Satanic Temple (TST) si definisce una religione non teistica: non crede in entità soprannaturali, nemmeno in Satana. Al contrario, ne fa un archetipo del ribelle, del dissidente, di chi si oppone all’autorità arbitraria in nome della giustizia e dell’autonomia personale. L’obiettivo dichiarato è difendere la separazione tra Chiesa e Stato, sfruttando il linguaggio e le tutele della religione per far valere diritti civili in un Paese in cui la religione — soprattutto quella cristiana conservatrice — gode di uno status privilegiato.
Questa storia è raccontata anche nel documentario Hail Satan? (2019), diretto da Penny Lane, che segue la parabola del movimento dalle sue origini grottesche e performative fino alla sua trasformazione in una vera e propria organizzazione religiosa e politica. Il film racconta come un gruppo di autoproclamti “troll” sia riuscito a catalizzare un movimento diffuso, capace di sfidare — con azioni legali e simboliche — l’influenza del cristianesimo conservatore nello spazio pubblico americano. Dietro l’ironia, il film apre una riflessione più ampia: quanto è fragile, oggi, la separazione tra Chiesa e Stato? E cosa succede quando a difenderla è chi si pone deliberatamente ai margini della sfera religiosa tradizionale?

Negli USA, la libertà religiosa individuale è fortemente protetta — talvolta anche a scapito di una separazione netta tra religione e istituzioni pubbliche. Il Satanic Temple opera esattamente in questo spazio di ambiguità: se una città consente preghiere cristiane in municipio, il TST rivendica il diritto a un’invocazione satanica; se una scuola pubblica permette attività extracurriculari cristiane, propone il suo After School Satan Club; se un governo statale colloca un monumento ai Dieci Comandamenti in uno spazio civico, TST chiede di aggiungere una statua di Baphomet. La provocazione è evidente, ma sempre giuridicamente motivata e costruita per esporre l’asimmetria di trattamento tra religioni.
Ma il TST non è solo provocazione. Superata la fase iniziale, si è presentato sempre più come una religione a tutti gli effetti — almeno nel senso funzionale e legale che il concetto assume nel diritto statunitense. TST non si basa su credenze soprannaturali, ma fornisce una cornice etica, simbolica e rituale attorno alla quale si organizza una comunità. I suoi “Sette Precetti” insistono su giustizia, compassione, libertà corporea e rispetto per la scienza.
Alcuni studiosi lo classificano come satanismo razionalista, altri propongono la categoria più ampia di occultura politica: un insieme di simboli e narrazioni che operano nel discorso pubblico per criticare l’autorità e il conformismo. In questo senso, figure come Satana, la strega o il sabba diventano icone di resistenza, più che oggetti di culto.
Per capire cosa sia — e cosa non sia — il TST, è utile distinguere tra almeno tre forme di satanismo contemporaneo. Il satanismo teistico, il più evocato nell’immaginario collettivo: gruppi che credono letteralmente in Satana come entità spirituale o soprannaturale, talvolta invocata attraverso rituali. È una realtà marginale, spesso informale o sotterranea, e molto varia nelle sue espressioni. Il satanismo laVeyano, fondato da Anton LaVey nel 1966 con la Church of Satan, è un satanismo esplicitamente ateo, incentrato sull’individuo, l’autodeterminazione, la teatralità e l’estetica provocatoria. Satana, qui, non è un essere ma un simbolo dell’istinto, della libertà e della razionalità contro il conformismo religioso e morale. È un sistema filosofico più che spirituale, e rifiuta qualsiasi credenza nel soprannaturale. Infine il satanismo simbolico e politico del Satanic Temple che riprende alcuni elementi del satanismo laVeyano, da cui di fatto deriva, ma li rielabora in chiave collettiva e attivista. Il Satanic Temple si batte in tribunale e nello spazio pubblico per difendere la libertà religiosa, la separazione tra Stato e Chiesa, e per smascherare il trattamento preferenziale riservato al cristianesimo. Non organizza messe nere, ma cause legali. Non adora il diavolo, ma si oppone — attraverso l’uso strategico di Satana — a ogni forma di autoritarismo travestito da religione.
Il Satanic Temple è, in definitiva, una risposta culturale e politica a un preciso momento storico. Nasce come reazione all’espansione della religione cristiana conservatrice nello spazio pubblico americano, in un contesto in cui la politica religiosa si è fatta sempre più normativa, identitaria e pervasiva. Come afferma Lucien Greaves, portavoce e cofondatore del gruppo, “oggi il mondo ha bisogno di Satana più che mai”: non come entità metafisica, ma come figura ironica, dissidente e sovversiva, capace di smascherare il dogmatismo travestito da tradizione. Paradossalmente, il Satanic Temple si propone come religione proprio per ricordare che nessuna religione dovrebbe detenere un privilegio nello spazio condiviso.
Le sue azioni, spesso percepite come provocatorie, sono in realtà costruite con estrema precisione giuridica e simbolica per porre una domanda centrale: se le fedi maggioritarie possono accedere allo spazio pubblico, su quali basi lo si può negare a quelle minoritarie — senza tradire il principio costituzionale di neutralità religiosa?

Uno dei casi più noti che ha visto protagonista il Satanic Temple si è svolto in Arkansas, davanti al Campidoglio statale di Little Rock. Nel 2018, l’Arkansas State Capitol aveva approvato l’installazione permanente di un monumento ai Dieci Comandamenti, donato da un senatore repubblicano e sostenuto da gruppi cristiani locali. In risposta, il Satanic Temple ha chiesto di collocare una statua in bronzo di Baphomet alta oltre due metri, affiancata da due bambini in atteggiamento di ascolto. Il messaggio non era di culto, ma di eguaglianza simbolica: se un simbolo religioso cristiano può occupare uno spazio istituzionale, anche uno satanista deve potervi accedere.
La richiesta è stata respinta, ma il TST ha organizzato sullo stesso sito un First Amendment Rally e, per alcune ore, ha posizionato la statua su un camion parcheggiato davanti al Campidoglio. L’evento, ampiamente ripreso dai media, ha trasformato la figura di Baphomet in una vera e propria icona pubblica del movimento: non un oggetto di devozione, ma uno strumento di pressione politica. La statua era stata inizialmente commissionata per l’Oklahoma, dove un monumento simile ai Dieci Comandamenti era stato rimosso nel 2015 perché dichiarato incostituzionale.
Nel 2023, il TST ha organizzato la sua convention annuale — la SatanCon — a Boston, in risposta alla decisione della città di escluderlo dal programma di invocazioni religiose che aprivano le sedute del consiglio comunale. Anche in questo caso, il municipio aveva accolto rappresentanti cristiani e interreligiosi, ma negato l’accesso al Satanic Temple. La convention, provocatoriamente definita “the largest satanic gathering in history”, è stata pensata come evento mediatico e occasione per rilanciare la battaglia legale.
Dal 2016, in diverse città americane, il TST ha proposto la creazione degli After School Satan Clubs: attività extracurricolari alternative ai club evangelici già presenti in molte scuole pubbliche — in particolare al Good News Club, un programma missionario diffuso in centinaia di istituti. Il principio è sempre lo stesso: se uno spazio pubblico è aperto ad attività religiose, deve esserlo per tutte. Gli ASSC non prevedono riti o simboli occulti, ma offrono giochi, esperimenti scientifici, educazione civica e attività basate su pensiero critico e autonomia morale.
Ogni apertura è stata però accolta da proteste, polemiche pubbliche e tentativi di blocco amministrativo. Come riportato dal New York Times, nel gennaio 2024 il caso più discusso ha riguardato la Chimneyrock Elementary School di Cordova, Tennessee: un volantino colorato rivolto ai bambini (“Hey kids! Let’s have fun at After School Satan Club!”) ha suscitato forti reazioni, nonostante — secondo il TST — tredici famiglie avessero già firmato il consenso alla partecipazione.
Pastori locali e autorità scolastiche hanno definito l’iniziativa “inaccettabile”. La presidente del consiglio scolastico — anch’essa pastora — ha aggiunto: “Satana non ha spazio in questo distretto scolastico”. In realtà, la possibilità di avviare un club satanista non nasce da un vuoto normativo, ma da una sentenza della Corte Suprema del 2001 (Good News Club v. Milford Central School), che ha stabilito che, se una scuola pubblica consente attività religiose dopo l’orario scolastico, non può escludere altri gruppi in base ai contenuti religiosi. La decisione ha aperto le porte al pluralismo religioso anche negli ambienti educativi — una porta che gli After School Satan Clubs si limitano a varcare.
Nel 2022, il Satanic Temple ha ottenuto un risarcimento di 200.000 dollari in un accordo con il distretto scolastico di Saucon Valley, Pennsylvania, dopo che la scuola aveva bloccato l’attivazione di un club satanista nonostante la presenza attiva del Good News Club.
Ad oggi, secondo il TST, esistono After School Satan Clubs attivi in California, Ohio, Connecticut e Pennsylvania, e le richieste sono in crescita. Il gruppo sottolinea che i club vengono proposti solo laddove sono i genitori stessi a richiederli. Come ha dichiarato Greaves al New York Times, “non stiamo sfruttando una scappatoia nella Costituzione. Questo è ciò che significa libertà religiosa. Questo è ciò che significa libertà di espressione. Non dovrebbe far paura, se comprendiamo il suo valore”.
Un caso particolarmente significativo si è verificato a Scottsdale, Arizona, e ha portato alla luce un nodo centrale: chi decide cosa conta come religione?
Nel 2016, il Satanic Temple aveva chiesto di aprire una seduta del consiglio comunale con un’invocazione satanica, come già era stato consentito — più volte — a leader religiosi cristiani. La richiesta era stata inizialmente accolta, ma poi revocata a seguito delle forti pressioni di gruppi cristiani locali. TST ha denunciato la città per discriminazione religiosa.
Durante il processo, conclusosi nel 2020, gli avvocati della difesa hanno sostenuto che non potesse esserci discriminazione, poiché il Satanic Temple “non è una vera religione”. Una dichiarazione che ha spinto il giudice federale David Campbell a sollevare una domanda tutt’altro che banale: che cos’è una religione? Il giudice ha quindi rigettato l’obiezione, riconoscendo che il Satanic Temple soddisfa i criteri funzionali per essere considerato una religione a tutti gli effetti — anche in assenza di un dio personale. Tuttavia, il tribunale non ha ritenuto provata la discriminazione nel merito. Resta il fatto che il caso ha reso evidente quanto sia arbitrario e instabile il riconoscimento giuridico del carattere religioso di una comunità.
Come ha scritto su The Conversation, Joseph Laycock, studioso di religious studies e autore nel 2020 di Speak of the Devil: How The Satanic Temple is Changing the Way We Talk about Religion, il Satanic Temple costringe la società americana a confrontarsi con un’ambiguità strutturale. Non crede in Dio, né nel diavolo. Non si fonda su testi sacri, ma su precetti etici che valorizzano compassione, razionalità, responsabilità personale e autodeterminazione. Eppure ha riti, simboli, un sistema di valori condivisi e comunità attive: tutti elementi che, secondo definizioni funzionali, compongono un sistema religioso.
Il punto, sottolinea Laycock, non è solo teorico. L’assenza di una definizione stabile e condivisa di “religione” permette un uso selettivo e spesso strumentale della categoria. In alcuni casi, essa viene usata per tutelare e proteggere, in altri per escludere e reprimere. Laycock ricorda, ad esempio, il caso di John Errol Ferguson, condannato a morte in Florida nel 2012: poiché affermava di essere un “principe immortale di Dio”, lo Stato interpretò la sua affermazione non come delirio, ma come credenza religiosa — e poté così procedere con l’esecuzione, aggirando il divieto legale di giustiziare persone con gravi patologie mentali.
Nel caso del TST, invece, le sue iniziative vengono spesso derubricate a provocazioni, performance satiriche o attivismo secolare mascherato. Il risultato è che la categoria di religione diventa un termine flessibile, utilizzato per legittimare o delegittimare, secondo logiche culturali, politiche e giuridiche insieme.
In questo senso, il Satanic Temple è interessante non tanto per ciò in cui crede, quanto per ciò che costringe a domandare:
Una religione deve necessariamente avere un dio? Deve promettere salvezza? Deve fondarsi su un testo sacro? Può essere ironica, contestataria, secolare? E soprattutto: chi decide cosa conta come religione?
Negli Stati Uniti — dove la libertà religiosa è un diritto costituzionale fondamentale, ma dove la religione dominante raramente è chiamata a giustificarsi — il Satanic Temple non solo rivendica uno spazio, ma costringe a rimettere in discussione la griglia concettuale con cui quel diritto viene applicato.
Al di là delle provocazioni, delle cause legali e dell’iconografia anti-tradizionale, il Satanic Temple è un prodotto culturale profondamente americano: nasce e prospera all’interno di un sistema giuridico e simbolico che rende possibili e necessarie le sue battaglie.
Da un lato, si inserisce nella lunga storia statunitense della protezione costituzionale della libertà religiosa. Il Primo Emendamento impedisce al Congresso di istituire una religione ufficiale, ma garantisce a ogni individuo il libero esercizio della propria fede. Questa cornice rende potenzialmente legittima qualsiasi forma di religione, purché riconoscibile come tale secondo alcuni criteri funzionali. È in questo spazio che il Satanic Temple opera: non sfidando la religione, ma sfidando l’idea che solo alcune forme di religiosità — generalmente cristiane, conservatrici e maggioritarie — meritino tutela e accesso allo spazio pubblico.
Dall’altro lato, il TST nasce in un momento di forte riorientamento politico e culturale. Negli ultimi due decenni, la religione cristiana è diventata non solo una dimensione privata o comunitaria, ma una leva esplicita dell’agenda politica: nei dibattiti su aborto, istruzione, diritti LGBTQIA+, libertà d’espressione, il richiamo a un presunto “ordine morale superiore” ha legittimato scelte legislative e restrizioni giuridiche. È in questo contesto che il satanismo del TST acquista senso e urgenza: come risposta simbolica e legale alla sacralizzazione della politica e alla politicizzazione della religione.
Il Satanic Temple esiste perché, in un sistema che si pretende neutro, alcune fedi godono di uno statuto pubblico privilegiato, mentre altre sono respinte come devianze, satire o minacce. Satana — figura di ribellione nel mito cristiano — diventa qui lo specchio rovesciato del potere religioso dominante: un simbolo scelto proprio perché scandaloso, proprio perché costringe le istituzioni a mostrare la natura selettiva delle proprie regole.
Il TST è quindi, a suo modo, una liturgia civile del dissenso: prende sul serio la grammatica del diritto per mostrarne le incoerenze applicative. Ma non è solo una provocazione giuridica. È anche una forma di organizzazione comunitaria, una religione senza Dio ma con rituali, precetti etici, assemblee e simboli condivisi.
Come si suol dire, ogni rosa ha le sue spine. Come spesso accade ai movimenti nati per sfidare l’autorità, anche il Satanic Temple ha attraversato un processo di istituzionalizzazione. Da provocazione mediatica nata per denunciare il privilegio cristiano nello spazio pubblico americano, in poco più di un decennio TST è diventato un’organizzazione strutturata: status fiscale da chiesa, quartier generale a Salem, capitoli locali, programmi di advocacy, un servizio di telemedicina per l’aborto. Ma questa crescita ha portato con sé non solo visibilità, ma anche tensioni nuove.
Come raccontato da The Atlantic in un lungo articolo del 2023, le crepe non riguardano solo la leadership, ma la natura stessa del movimento: cosa accade quando un’organizzazione fondata sulla ribellione assume le forme e le dinamiche del potere istituito?
Molti membri hanno denunciato una struttura interna opaca e verticistica, nella quale ogni decisione passa di fatto attraverso i due co-fondatori, Lucien Greaves e Malcolm Jarry. Le critiche parlano di eccessivo accentramento, firme di non disclosure agreement obbligatorie, scarsa trasparenza economica, controllo stretto sulle campagne e sulla comunicazione. In risposta, una parte crescente della base — spesso formata da persone uscite da ambienti religiosi autoritari — ha iniziato a chiedere più democrazia interna, un posizionamento più netto su diritti LGBTQIA+ e giustizia razziale, e soprattutto la possibilità di mettere in discussione la leadership stessa.
Paradossalmente, per alcuni ex membri, il Satanic Temple ha finito per replicare proprio quelle logiche di controllo e reverenza che diceva di voler sovvertire. La figura carismatica di Greaves, costruita sull’iconoclastia, è diventata per molti non un antidoto all’autorità, ma una nuova forma di autorità non negoziabile. La domanda, allora, resta aperta — e profondamente contemporanea: quanto può resistere un movimento contro il potere, una volta che diventa esso stesso un’istituzione?
In definitiva, il Satanic Temple è meno interessante per ciò in cui afferma di credere, e molto di più per ciò che ci costringe a mettere in discussione: le gerarchie implicite nella libertà religiosa, i criteri invisibili che regolano l’accesso allo spazio pubblico, le forme che può assumere oggi una religione senza teismo. È un movimento nato per disturbare, ma anche per rendere visibili le fratture di un sistema che si proclama pluralista, ma che continua a funzionare secondo logiche maggioritarie.
Che oggi la difesa più radicale della neutralità religiosa debba passare da Satana è più che una provocazione: è un indicatore preciso di dove si trovano — e per chi si aprono — i confini del sacro nello spazio pubblico americano.
Come sempre, vi consiglio le sempre interessanti pubblicazioni di
Ottimo articolo.
Anche oggi, bellissima e ricca di spunti originali di riflessione. Grazie ! Pia