Altre Storie, Altri Mondi
Seconda parte del viaggio nelle storie da tenere d'occhio nel 2025
Cari amici di The God Gap eccoci per la seconda parte del viaggio iniziato la scorsa settimana nelle storie e nei temi da tenere d’occhio in questo 2025. Con l’aiuto dei reportage di siti di informazione specializzati come Religion News Service, abbiamo cercato di capire, nello scorso numero, di cosa più si parlerà, probabilmente, quest’anno per quel che concerne i rapporti tra religioni, politica, società e cultura.
Oggi scaveremo un poco più a fondo in storie che sono emerse a cavallo di vecchio e nuovo anno e che riguardano alcune delle comunità più in crescita negli Stati Uniti contemporanei, ma anche le comunità native e indigene, da sempre tra quelle più ai margini della società statunitense. Queste storie incrociano temi e tendenze che si affermeranno nei prossimi mesi e anni come cruciali nelle trasformazioni di quel caleidoscopio che è la società statunitense.
Un voto musulmano che riscrive le dinamiche politiche
Il voto musulmano ha assunto un ruolo centrale nelle elezioni del 2024, sottolineando tensioni interne e segnali di cambiamento all’interno di una comunità che, per quanto a livello nazionale conti poco più dell’1% della popolazione, rappresenta una realtà estremamente variegata, complessa e in crescita, come abbiamo visto nel numero dedicato all’islam negli Stati Uniti e in quello dedicato alla comunità musulmana del Minnesota. Per mesi, esponenti arabo-americani e musulmani avevano avvisato i Democratici che il loro voto si sarebbe trasformato in un atto di protesta contro il sostegno dell’amministrazione Biden a Israele nella guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza. I dati del Council on American-Islamic Relations rivelano che il 53% degli elettori musulmani ha scelto Jill Stein, candidata del Partito Verde, mentre Donald Trump e Kamala Harris hanno ricevuto rispettivamente il 21% e il 20% dei voti.
A Dearborn, Michigan, epicentro della comunità arabo-americana, si è assistito a un fatto storico: per la prima volta dal 2001, la città ha votato a maggioranza per un candidato repubblicano, con il 42% delle preferenze a Trump, contro il 36% per Harris, circa il 20% ha votato per Stein. Tuttavia, per molti elettori musulmani, il sostegno a Trump è stato un compromesso carico di ambivalenze. "Non possiamo dimenticare che voleva deportare tutti i musulmani e impedire loro di entrare nel Paese," ha dichiarato un residente, intervistato da Nargis Rahman per RNS.
Questi risultati riflettono una frattura politica interna, ma anche un’evoluzione nella consapevolezza dell’influenza elettorale musulmana. Un cambiamento che si manifesta anche nei giovani musulmani, i quali stanno ridefinendo la loro identità religiosa e sociale. Le moschee che sorgono nelle vicinanze dei campus universitari, stanno diventando veri e propri centri di riferimento, non solo per la preghiera, ma anche per l'attivismo sociale e la partecipazione comunitaria, creando nuove opportunità per i giovani musulmani di esercitare una forma di leadership religiosa e culturale che coinvolge la comunità. È il caso della moschea Nueces ad Austin, Texas, come racconta sempre RNS.
La leadership giovanile nelle moschee universitarie
Guidata dall’Imam Anwer Imam, la moschea che sorge nei pressi dell’Università del Texas a Austin, è diventata un esempio emblematico di questo nuovo approccio. Pur non essendo formalmente affiliata all’Università, questa moschea accoglie una comunità composta principalmente da studenti e giovani professionisti. Qui i giovani non solo partecipano alle preghiere, ma assumono ruoli di leadership, guidando la lettura del Corano e organizzando eventi comunitari. Inaya Sheikh, studentessa e responsabile delle pubbliche relazioni della moschea, sottolinea quanto sia raro vedere spazi religiosi così attenti alle esigenze della nuova generazione. Spesso i centri religiosi sono gestiti da persone più anziane, che pur portando esperienza e saggezza, faticano a connettersi con le esigenze della generazione più giovane. Moschee come quella di Nueces offrono ai giovani l'opportunità non solo di partecipare attivamente alla preghiera, ma anche di sviluppare competenze di leadership.
Moschee simili a Madison, Wisconsin, e East Lansing, Michigan, stanno adottando modelli analoghi, trasformandosi in veri e propri centri di formazione per giovani leader musulmani. Questa dinamica è particolarmente significativa in un contesto dove oltre un terzo dei musulmani americani ha tra i 18 e i 29 anni, secondo un’indagine del Pew Research Center. Si tratta, sottolinea RNS, di un processo che sta segnando un cambiamento importante nel panorama religioso americano, creando spazi dove religione, educazione e attivismo si intrecciano in modi che rispondono alle esigenze dei giovani musulmani, per garantire una comunità inclusiva e in continua crescita.
La terza statua più grande degli Stati Uniti è di una Divinità Induista
Come abbiamo visto più volte nei mesi passati, le religioni di origine asiatica, in particolar modo l’induismo, sono tra quelle in più rapida crscita nella società statunitense, come dimostra l’inaugurazione della terza statua più alta del Paese presso il tempio Sri Ashtalakshmi nella contea di Fort Bend, Texas. La statua di quasi 30 metri di altezza raffigura Hanuman, una divinità induista venerata per il suo ruolo nella mitologia come alleato di Rama, simbolo di unità e leadership spirituale. "Hanuman è un esempio di come si possano unire le comunità attorno a un obiettivo comune," ha affermato Vijay Sreenarasimhaiah, vicepresidente del tempio.
Progettata in India dal santo Sri Chinnajeeyar Swamiji e assemblata negli Stati Uniti dopo la produzione in Cina, la statua è un segno tangibile della crescente affermazione culturale delle comunità induiste in America. Nonostante alcune critiche sui social media da parte di conservatori cristiani, i responsabili del tempio sottolineano il forte sostegno ricevuto dalla comunità locale, inclusi membri di fedi diverse. "Non c'è nulla in questa statua che sminuisca un’altra religione," ha precisato Sreenarasimhaiah. Con il suo design che mostra Hanuman in posa benevola, la statua, nelle intenzioni della comunità, non è solo un simbolo religioso, ma anche un messaggio di inclusività e dialogo interculturale.
Un Buddha in New Jersey…
In maniera simile, nel cuore del New Jersey, lungo una trafficata strada statale, sorge una statua del Buddha alta circa 20 metri. Situata a Franklin Township, presso il New Jersey Buddhist Vihara and Meditation Center, questa statua è diventata molto più di un simbolo religioso. È un luogo di incontro e di dialogo interreligioso, un microcosmo che riflette la diversità spirituale degli Stati Uniti contemporanei.
Sotto la guida del venerabile Hungampola Sirirathana Nakaya Thero, monaco srilankese della tradizione Theravada, il centro è emerso come spazio aperto e inclusivo. Pur radicato nella tradizione buddhista, accoglie praticanti di ogni fede: buddhisti di diverse scuole, hindu, cristiani e persino turisti curiosi trovano qui un punto di connessione spirituale. L’obiettivo, chiaro fin dall’inizio, era creare un luogo che unisse le persone al di là delle loro differenze, dimostrando come la spiritualità possa farsi ponte tra mondi diversi.
Per alcuni, come Daniel Choi, professore di Princeton cresciuto in una chiesa cristiana coreana e oggi praticante del buddhismo tibetano, la statua rappresenta un rifugio. “È un luogo dove chiunque può connettersi, semplicemente sedendosi davanti al Buddha,” racconta. Per altri, come Carol Kuehn, residente locale e insegnante in pensione, il Buddha è diventato parte integrante della loro vita. Dopo anni passati accanto al monastero, Kuehn ha abbracciato il buddhismo, trovando nella meditazione un aiuto per affrontare il dolore della perdita del marito. “Ogni mattina guardo la statua dalla mia finestra,” dice, “e mi ricorda di vivere nel momento presente.” Questa statua simboleggia una tendenza più ampia negli Stati Uniti verso una spiritualità sincretica.
…e un Lama in Minnesota
Jalue Dorje, adolescente cresciuto nei sobborghi di Minneapolis, incarna un sorprendente equilibrio tra tradizione e modernità. Indicato fin da bambino dal Dalai Lama come l’ottava reincarnazione del Terchen Taksham Rinpoche, una delle figure più venerate del Buddismo tibetano, il diciottenne si prepara da anni a lasciare la vita americana per entrare in un monastero nell’India settentrionale. Ma fino ad ora, la sua quotidianità ha oscillato tra sacralità e normalità: memorizzava antichi testi buddhisti al mattino e giocava a football nel pomeriggio.

Durante la cerimonia ufficiale di riconoscimento, che ha coinciso con il suo diciottesimo compleanno, più di mille persone si sono riunite per celebrare non solo il futuro leader spirituale, ma anche il ragazzo che molti vedono come un ponte tra due mondi. I suoi compagni di squadra di football hanno cantato "Happy Birthday," mentre monaci in tuniche color granato intonavano mantra sacri.
Dopo il diploma nel 2025, Dorje partirà per il monastero Mindrolling in Tibet, dove continuerà il suo addestramento spirituale, con il sogno di tornare un giorno negli Stati Uniti per guidare la comunità buddhista locale. "Voglio diventare un leader di pace," ha dichiarato.
La Protezione dei Luoghi Sacri Nativi: Una Questione di Libertà Religiosa
La lotta per la protezione dei luoghi sacri delle comunità nativo-americane sta guadagnando sempre più attenzione, non solo come una questione di identità culturale, ma anche come un diritto religioso fondamentale. Un caso particolarmente significativo in questo contesto è quello che vede protagonisti Gary Perez e Matilde Torres, leader della Lipan-Apache Native American Church. I due attivisti hanno intrapreso una causa legale contro la città di San Antonio, Texas, per fermare la ristrutturazione di una parte del parco Brackenridge che minaccia un sito sacro per la loro comunità: le rive del fiume San Antonio. L’intervento prevede la rimozione di 69 alberi, la distruzione dell’habitat per gli uccelli e l’interferenza con le pratiche religiose della comunità, che dipendono da quella "ecologia sacra", di cui, come abbiamo visto nel numero God is Red, la spiritualità nativa e indigena, in tutta la sua varietà, si nutre.

La causa si fonda su una modifica costituzionale introdotta nello Stato del Texas originariamente nel 2021 per escludere i servizi religiosi dalle restrizioni imposte durante la pandemia. L'emendamento recita che lo stato o le sue divisioni politiche non possono vietare o limitare i servizi religiosi. Questa causa, la prima di questo tipo in Texas, ha suscitato l'attenzione poiché il suo esito potrebbe stabilire un precedente per future controversie legate alla libertà religiosa. Perez e Torres sostengono che il sito non sia solo un luogo naturale, ma un "luogo sacro" che è fondamentale per le loro cerimonie religiose. La rimozione degli alberi, pertanto, non sarebbe solo un danno ecologico, ma una violazione diretta della loro fede. Se il tribunale dovesse accogliere la causa, potrebbe segnare un precedente giuridico importante per le future battaglie legali relative alla protezione dei luoghi sacri nativi, sollevando interrogativi su come la libertà religiosa venga applicata ai contesti spirituali delle comunità indigene.
La causa si inserisce in un contesto più ampio di conflitti tra sviluppo urbano e la protezione dei luoghi sacri per le comunità indigene. In Texas, ma anche in altre parti degli Stati Uniti, numerose comunità Native American stanno affrontando sfide legali simili per proteggere terre e siti che considerano sacri, contro piani di sviluppo o estrazione che minacciano la loro spiritualità e identità culturale.
La Minaccia al Peyote e le Tradizioni Spirituali Nativo-Americane
E un altro elemento centrale per la spiritualità nativa è a rischio. Il peyote, un piccolo cactus ricco di mescalina, occupa un posto centrale nella spiritualità di molte tribù del Nord America. Per i membri della Native American Church, questa pianta sacra, spesso chiamata "la medicina," è più di un semplice simbolo religioso: è un dono divino, una guida spirituale e un mezzo attraverso cui guarire corpo e anima. Da secoli, il peyote è al centro di cerimonie collettive che rafforzano il legame con il Creatore e con la comunità, conferendo identità culturale e coesione sociale.
Oggi, però, questa pianta sacra si trova di fronte a una crisi senza precedenti. Crescendo spontaneamente solo in un'area geografica limitata, che include il sud del Texas e il nord del Messico, il peyote è minacciato dal raccolto indiscriminato, dal bracconaggio e dalla riduzione del suo habitat naturale. La sua crescita lenta, che richiede dai 10 ai 15 anni per raggiungere la maturità, rende questa situazione ancora più drammatica. A peggiorare le cose, la crescente domanda non si limita più alle comunità native, ma proviene anche da mercati esterni, rendendo insostenibile l'uso tradizionale.
Le protezioni legali esistenti offrono solo una parziale soluzione. Sebbene la legge federale del 1994 consenta ai membri della Native American Church di utilizzare il peyote per scopi religiosi, essa non affronta la questione della conservazione del suo habitat naturale. Per rispondere a questa minaccia, è stata creata l'Indigenous Peyote Conservation Initiative, che ha acquistato oltre 600 acri di terra nella Rio Grande Valley, in Texas, una delle ultime zone in cui il peyote cresce spontaneamente. Qui, la pianta viene propagata e raccolta in modo sostenibile, senza l’uso di prodotti chimici, in un tentativo di bilanciare tradizione e conservazione.

Nonostante l’impegno dell’IPCI, le comunità native si trovano divise su come affrontare il problema. Alcuni membri della NAC sostengono un approccio basato su contributi filantropici, per mantenere il controllo comunitario sulla conservazione del peyote. Altri ritengono che sia necessaria un’azione governativa per garantire risorse sufficienti. Tuttavia, il dibattito più controverso riguarda la possibilità di coltivare il peyote al di fuori del suo habitat naturale. Per molti leader spirituali, questa opzione rappresenta una violazione del legame sacro tra la pianta e la terra in cui cresce. Temono che la commercializzazione o l’allontanamento dai contesti tradizionali possano svuotare il peyote del suo significato spirituale. Leader come Sandor Iron Rope e Steven Benally insistono sul fatto che il peyote non è solo una sostanza rituale, ma un'entità spirituale capace di insegnare e guidare. Le cerimonie che lo coinvolgono sono spazi di connessione profonda e introspezione, momenti in cui si ricevono insegnamenti che trascendono il semplice rituale. Iron Rope sottolinea l’urgenza di proteggere queste pratiche per le future generazioni, preservandone il valore sacro e culturale.
In questo contesto, il peyote rimane un simbolo potente di resilienza e rinascita culturale. Per le comunità native, proteggere il peyote non significa semplicemente salvare una pianta, ma preservare un legame profondo con il passato, il presente e il futuro, un filo sacro che intreccia tradizione, spiritualità e identità collettiva.
Save the Date
Siamo arrivati alla fine anche questo di nostro secondo viaggio nel futuro della “American Religion”. Dal prossimo numero torneremo a esplorare, ricostruire e decostruire un pezzetto per volta questo concetto sfuggente e in continua evoluzione, un’immagine da caleidoscopio appunto, difficile da afferrare, ma ricca e affscinante.
Alla prossima!