Mentre preparavo il numero sulle comunità asiatico americane, mi sono imbattuta in una vicenda che mi ha molto affascinato e ho pensato che sarebbe stato un bello spunto per una newsletter di quelle focalizzate su storie piuttosto che su approfondimenti di angoli specifici del panorama religioso statunitense.
Quello che vorrei fare oggi con voi è un viaggio in alcuni luoghi in cui, sui muri delle città, si dipana un rapporto particolare e affascinante tra religiosità, spiritualità, pluralismo culturale e Street e Public Art.
This idea that graffiti represent aimless youth, urban ghettos and vandalism needs to go, disappear…If you put something in a public space, it must say something it must have a message for the audience, … I want to try to establish a connection with people. Graffiti are the breath of the city, the cry of the people. Those walls that surround us in every metropolis, that loom over us… graffiti artists use the ugliness of concrete as a canvas and transform it. So graffiti represent the voice of the people. Ultimately, they are sacred art.1
Mohammed Ali, Street Artists Britannico, 2013
Quella dei graffiti è emersa come sub-cultura negli anni Settanta e da allora è cresciuta e si è diversificata, guadagnando notorietà e rispettabilità, ma vivendo sempre su un confine instabile. Quello che infatti differenzia la Street Art (con cui i Graffiti possono esser identificati) dalla Public Art è che la prima è di fatto illegale, ‘sotterranea’ e ribelle, mentre la Public Art, pur sviluppandosi in spazi aperti e pubblici e spesso realizzandosi nella forma murales, è una forma d’arte tendenzialmente commissionata—da istituzioni pubbliche o da privati.
Si tratta comunque di settori confinanti e che talvolta si sovrappongono. Gli street artists molto spesso informano tutta la loro opera verso cause sociali e la sensibilizzazione nei confronti di temi specifici. Spesso trasformano radicalmente spazi abbandonati o ex-industriali, arrivando laddove le istituzioni non arrivano. In maniera complementare, la Public Art è una forma d’arte non solo accessibile a tutti, ma che è volta a esprimere i valori della comunità, aumentare la nostra consapevolezza su certi temi o mettere in discussione convinzioni assodate. Si tratta dunque, nelle parole della Association for Public Art, di una forma di espressione collettiva, un riflesso di come vediamo il mondo e la risposta dell'artista al nostro tempo e luogo combinata con la nostra percezione di chi siamo.
Un esempio di incontro tra Street Art, Public Art e pluralismo culturale e religioso è stato il "Great Walls Unlimited: Neighborhood Pride Program" promosso dal Social and Public Art Resource Center di Los Angeles tra il 1988 e il 2002. Questo programma ha coinvolto oltre 95 artisti affermati ed emergenti, formato centinaia di giovani apprendisti e collaborato con numerose organizzazioni comunitarie per realizzare murales in vari quartieri della città.
Questa iniziativa e i murales realizzati, oltre un centinaio, avevano l’obiettivo di costruire una nuova identità comunitaria, basata sul mosaico di diverse tradizioni e storie e la loro convivenza. Dare voce e rappresentazione all'auto-identità delle comunità e trasformare spazi urbani in luoghi socialmente significativi che celebrassero la diversità culturale. I murales si sono dimostrati una lente preziosa attraverso cui vedere Los Angeles per residenti e artisti.
Alcuni di questi murales, in particolare, realizzati da artisti asiatici e asiatico americani in zone di Los Angeles storicamente abitate da questa comunità, rappresentano questa esperienza di vita nella sua dimensione sincretica di costante negoziazione tra realtà quotidiana e tradizioni trasmesse di generazione in generazione, tra identità diverse e coesistenti nelle stesse persone e comunità. I primi tre murali di cui vi parlo, cos’ come molti altri realizzati nell’ambito di questo programma, non esistono più in quanto gli edifici su cui erano stati realizzati sono stati abbattuti. Le immagini sono tratte dall’archivio presente sul sito dell’organizzazione.
"East Meets West" di Vibul Wonprasat (1991) Situato su due lati del Bangkok Market a Melrose Avenue, il più antico business di proprietà thailandese a Los Angeles, questo murale celebrava l'incontro tra culture asiatiche e occidentali. Il murales cambia da immagini astratte sul lato sinistro a rappresentazioni realistiche sul lato destro, con un montaggio di immagini delle culture asiatiche e occidentali che circondano il motivo centrale: un cuore capovolto con sei studenti di diverse origini etniche, due dei quali immersi nel lavoro al computer. Wonprasat, un buddista devoto nonché presidente del Thai Community Arts and Cultural Center e figura di spicco nel Wat Thai di Los Angeles, il complesso templare thailandese della città a Coldwater e Roscoe nella San Fernando Valley, ha voluto integrare la sua visione buddista in questa opera che celebra l'unità nella diversità.
"Flight to the Angel" di Hitoshi Yoshida (1989) (sopra) Realizzato in East Third Street, ai margini di Little Tokyo, raffigurava una soglia tra una stanza giapponese con personaggi in abiti tradizionale e un paesaggio fantascientifico in cui si intravede il municipio di Los Angeles, verso cui camminano tre ragazzi abbracciati, a simboleggiare l’incontro tra culture e il loro unirsi. "Golden Phoenix Is Flying" di Hui-Xiang Xiao (1992) (sotto) Dipinto sulla Quon Yick Noodle Factory a Boyle Heights, quartiere con una comunità a maggioranza cinese e latina, questo murale combinava elementi artistici cinesi e mesoamericani raffigurare tre giovani donne e due giovani uomini che seguono un grande fenice alata.
Infine, un murales ancora esistente,"Gintong Kasaysayan, Gintong Pamana" (1995) (Una storia gloriosa, un'eredità d'oro) a Unidad Park, Filipinotown, il più grande murale filippino-americano, dipinto da Eliseo Silva, si estende per 44 metri e integra elementi della storia, cultura e tradizioni filippine con le esperienze dei filippini in America. A sinistra, l'opera inizia con immagini che rappresentano le radici storiche e culturali delle Filippine, includendo figure storiche e leggende filippine come José Rizal e Lapu-Lapu, accanto a simboli della mitologia e delle tradizioni indigene. Proseguendo verso destra, le immagini raccontano la partecipazione dei filippini alla storia americana. Tra le figure rappresentate, Larry Itliong e Cesar Chavez, due leader del movimento dei diritti dei lavoratori agricoli in California negli anni ’70. Sopra le loro teste un babaylan, uno sciamano, è dipinto come un diwata, uno spirito nei miti filippini. Il diwata tiene in mano una lampada, un gesto per rendere omaggio per il loro operato.
Ma la Street Art, anche quando non commissionata dalle istituzioni pubbliche, può nondimeno portare con sé importanti messaggi e sfidare contesti ostili. Come già accaduto anche per le opere commissionate a Los Angeles, lo status di questi lavori rimane estremamente incerto e a rischio, in particolare quando realizzati su proprietà di privati che possono decidere di coprirli o distruggerli.
È il caso dell’opera For all Mankind, realizzata nel 1971 a Chicago dall’artista William Walker sulla facciata della Strangers’ Home Missionary Baptist Church (ex San Marcello Mission Church) su commissione dell’allora parroco. La chiesa sorgeva al centro del Cabrini-Green, un complesso di case popolari abitate prima dalla comunità italiana e poi da quella afroamericana. L’insieme dei maurales esplorava la realtà e le lotte dell'America Black, immaginando un mondo unito. L'opera era considerata uno dei capolavori di Walker. In particolare, il dipinto sulla facciata raffigurava una folla di volti in ombra rivolti verso l'alto a fissare quattro figure centrali che si abbracciavano sovrastati da una colomba bianca e dai simboli delle varie religioni del mondo. La serie di dipinti, con i loro simbolismi, realizzati su una chiesa e al centro di una quartiere storicamente multiculturale, rappresentavano un messaggio importante per la comunità, anche dopo l’abbattimento delle case popolari. Nel 2016, dopo che la chiesa è stata messa in vendita nel contesto di un processo di “riqualificazione” dell’area, i dipinti sono stati completamente imbiancati, ma si suppone che sia possibile recuperarli e movimenti per la preservazione dell’arte urbana si stanno muovendo in questo senso.
Una sorte non differente è toccata ad Harlem, New York, all’iconico mosaico "Spirit of Harlem" di Louis Delsartes. Realizzato nel 2005 vicino all’Apollo Theater e raffigurante tra gli altri i grandi del jazz Cab Calloway e Count Basie, è stato coperto da mattoni neri quando una catena di articoli sportivi si è trasferita nella vetrina adiacente. Dopo le proteste da parte della comunità, che ha denunciato la continua cancellazione della cultura e dell'arte Nera da Harlem, il muro è stato rimosso e l’opera restaurata.
Ma questa sorte, come abbiamo visto non tocca a molte opere.
La Street Art è spesso a rischio di distruzione man mano che i quartieri si sviluppano e si gentrificano. Le possibilità legali per coloro che vogliono preservare opere realizzate su strutture di proprietà privata, indipendentemente dall'importanza culturale dell'opera, sono limitate: i casi riguardanti la protezione dell'arte pubblica raramente arrivano davanti a una Corte. D’altra parte, molti studi hanno dimostrato come la Street e la Public Art hanno un valore che va ben oltre quello estetico: non solo hanno effetti positivi sulla salute e sul benessere emotivo delle comunità, ma possono essere uno strumento educativo, coesivo e creare consapevolezza rispetto al valore dello spazio comunitario.
Se i privati spesso sono la causa della scomparsa della Street Art per interessi economici, altre volte sono invece promotori, più o meno autonomi e spontanei, di forme di arte pubblica. È il caso della Friendship Baptist Church a Southwest D.C., al centro di una lunga contesa all’inizio degli anni Duemila quando l’intera zona circostante e la stessa Chiesa erano state acquistata da un costruttore che progettava di sviluppare un quartiere di condomini. La chiesa, dichiarata nel 2004 Edificio Storico e non più sede da diversi anni di alcuna congregazione, è diventata il fulcro dello sviluppo del quartiere e all’artista Alex “HENSE” Brewer è stato commissionato nel 2012 di farne un’opera d’arte.
La celebrazione della diversità rimane comunque un elemento centrale di molte opere di Street Art. L’opera Finding Home è stata realizzata nel 2021 ai margini del campus universitario di Yale, a New Haven, sui muri dell'Asian American Cultural Center (AACC), in collaborazione con l’Asian American Students Alliance (AASA), per celebrarne il 40º anniversario. Realizzato da Lauren YoungSmith, artista di seconda generazione cinese-americana, rappresenta due ragazzi, uno rivolto in avanti (verso il futuro), l'altra volta indietro (alla storia di lotte del Centro). Al centro, un megafono viola e bianco da cui sbocciano viti turchesi e foglie di ginkgo rosa. Altri elementi sono presenti come come henné, braccialetti, nodi del dharma e tessuti filippini, mongoli e nepalesi. Il Centro ha una lunga storia di leadership e attivismo: negli anni '60 e '70, gli studenti dell’AASA si unirono ai Black Panthers, sostenendo Bobby Seale durante le proteste del May Day a New Haven. Il murale si pone come una celebrazione della cultura diasporica asiatica e della storia dell'AACC, ma, posto ai confini del campus, si rivolge anche alla comunità al di fuori di Yale, ai residenti di New Haven e ai visitatori della zona.
Nel celebrare la diversità locale, le congregazioni religiose svolgono spesso un ruolo importante, promuovendo queste forme di arte pubblica come segno simbolico, ma comunque concreto non solo della presenza di una determinata comunità o di una pluralità di culture su un territorio, ma anche di una auspicata convivenza in crescita.
A Lancaster (Pennsylvania), la Community Mennonite Church ha collaborato con un’artista locale per creare un murale pubblico che rappresentasse la storia e la diversità della comunità. For the Beauty of the Earth è stato realizzato Salina Almanzar-Oree, un'artista di origini portoricane e dominicane la cui opera esplora le intersezioni tra latinità e femminismo, nonché all’idea, proprio di ogni diaspora, di essere ni de aqui y ni de alla, ovvero esistere nello spazio liminale tra culture. La comunità della Chiesa ha raccolto spunti e idee per decorare il muro bianco della chiesa e Selina le ha condensate nella sua visione per l’opera: sullo sfondo di una mappa del quartiere si staglia un pappagallo, simbolo adottato dalla CMCL come metafora dello Spirito Santo, ma anche simbolo della migrazione, della vivacità della comunità, nonché emblema dei paesi d’origine. In primo piano ci sono vegetali come a rappresentare la produzione agricola dei paesi d’origine e all'interno delle papaie, immagine storiche della città di Lancaster. Ogni elemento è stato attentamente selezionato per catturare la vasta storia di questa comunità.
A Plano, Texas, la Chase Oaks Church ha a sua volta commissionato a diversi artisti un lavoro murale che fosse in grado di essere non una promozione della Chiesa e del ministero, ma una celebrazione della città che sostenesse valori che tutta la comunità potesse condividere, indipendentemente dai background culturali e di fede. L’opera celebra infatti la Bellezza della Diversità e raffigura diversi elementi propri non solo della storia della città, ma anche delle varie comunità che la abitano: dalle mongolfiere del Plano Balloon Fest alle farfalle monarca che attraversano la zona durante la migrazione, fino alle lanterne cinesi. Un arazzo in cui il risultato d’insieme è maggiore della somma delle sue parti, a rappresentare una comunità che possa sentirsi parte di esso. "L'arte pubblica ha il potere di raccontare grandi storie e invocare un senso di appartenenza nei luoghi in cui viviamo", ha affermato il pastore di Chase Oaks, Greg Holmes.
Ma l’arte pubblica può avere anche risvolti esplicitamente (ma anche involontariamente) politici. È il caso delle opere realizzate ad Harlem nel 2016, per un progetto coordinato dal giornalista, regista e attivista iraniano Maziar Bahari, arrestato e torturato dal regime nel 2009. Volti a raccontare la realtà della minoranza religiosa Baha’i, perseguitata in Iran, una dozzina di murales sono stati dipinti su scuole e altri edifici, ognuno realizzato da un artista diverso. Raccontano l’esperienza Bahá’í, bersaglio di persecuzioni fin dalla nascita nel nel XIX secolo. I Bahá’í, che credono nell'istruzione laica universale, nell'uguaglianza di genere e rifiutano l'autorità dei religiosi iraniani, sono stati ancora più presi di mira dopo la rivoluzione islamica del 1979. Oggi, il governo non riconosce ufficialmente la religione né consente ai Bahá’í di frequentare l'università. Harlem è stata scelta per questo progetto, ha raccontato Bahari, poiché storicamente il regime iraniano ha utilizzato strumentalmente la realtà afroamericana come mezzo per mettere in evidenza le ipocrisie e le ambiguità degli Stati Uniti, e proprio Harlem come simbolo di questa realtà di oppressione. Per Bahari tuttavia, anche la narrazione iraniana non è altro che ipocrita, proprio per il trattamento che riserva alla sua popolazione e in particolare alla minoranza Baha’i.
Nel caso della cittadina di Littleton, New Hampshire, invece, la Public Art è divenuta terreno per l’ennesima culture war e la città è arrivata vicina a proibire tutta l’arte pubblica. Littleton si trova un’ora dal Canada e a un crocevia dove l'America rossa e l'America blu si scontrano: alle elezioni del 2020, Donald Trump e Joe Biden hanno ottenuto un numero quasi identico dei 3.100 voti della città. Lo scorso anno, una consigliera comunale ha protestato contro la realizzazione di alcune opere commissionate dal gruppo North Country Pride, realizzate con fondi di un programma per la promozione della diversità. Tra queste, un trittico intitolato We Belong, raffigurante immagini come un'iris in fiore, soffioni e betulle, e i colori arcobaleno. La consigliera Carrie Gendreau, una cristiana conservatrice e repubblicana che fa parte anche della legislatura statale, ha affermato che le sue politiche sono guidate dalle Scritture bibliche e che "L'omosessualità è un abominio". Nel criticare le opere d'arte, ha esortato i residenti a fare ricerche sui simboli raffigurati in quella e altre opere, come l'arcobaleno o il sole rappresentato come un occhio, a suo dire riferimenti satanici. Gendreau si è detta seguace di Jonathan Cahn, pastore e autore il cui libro The Return of the Gods mette in guardia contro la discesa dell'America nel male, citando i diritti degli omosessuali come esempio di decadenza morale che starebbe distruggendo il paese. Il consiglio comunale, non potendo prendere in considerazione di vietare quella singola opera per le ragioni discriminatorie sostenute da Gendrau, ha valutato il divieto di tutta la Public Art.
Chiaramente l’iniziativa non è andata in porto e in un plot twist degno di un happy ending dei film per una volta trasportato nella vita reale, Kerri Harrington, tra i fondatori di North Country Pride, si è candidata per il seggio di Gendreau e ha vinto con un margine significativo.
Save the Date
Il nostro viaggio si conclude qui; fatemi sapere nei commenti se vi è piaciuto e segnalate altre opere di Street Art che conoscete!
The God Gap torna Sabato 27 Luglio. Buon proseguimento d'estate!
E intanto negli Stati Uniti…
…ne stanno succedendo di ogni, come ben saprete. Una pausa nell'arte credo proprio fosse necessaria…
Questa idea che i graffiti rappresentino giovani senza scopo, ghetti urbani e vandalismo deve scomparire. Se metti qualcosa in uno spazio pubblico, deve dire qualcosa, deve avere un messaggio per il pubblico. Voglio cercare di stabilire una connessione con le persone. I graffiti sono il respiro della città, il grido del popolo. Quei muri che ci circondano in ogni metropoli, che incombono su di noi... i graffiti artisti usano la bruttezza del cemento come una tela e la trasformano. Così i graffiti rappresentano la voce del popolo. In definitiva, sono arte sacra.